Davide Cerrato- L’uomo che cascò in un vortice di petali


Il tremar di membra
lo muoveva, più che le gambe.
Era tra le ceneri
con fuochi nei pressi.
Lieve brezza l’allietava,
ma il cielo era oscuro
e ardente, un vulcano.

Scovò un monte, meno grigio,
più verde, forse cosa unica
che assumesse color vivo.
Proseguì più di gambe,
attenuato il tremar di membra.

Le gambe lo muovevano poi,
ma incerte ancora, come
se timore fosse spirto nei dintorni.
Vedeva foglie, ammucchiate.
Scorgeva il verde, a tratti cenere.
Sospiro, mano sulla fronte,
piedi più saldi.
Casetta lignea; vi entrò.
Nessuno all’interno, ma qualcosa:
frutta, acqua di sorgente.
E l’animo era rincorato.
Ma pure lì ancora cenere:
bicchieri con cumuli di massa,
massa leggiera e grigia.
Letti colmi della cenere, e
tavoli, sedie, scomparti.

Ma se massa leggiera e grigia
fosse stata demolita
prospera sarebbe stata vista
e paesaggio colorato.
E cosa se non mente cogitante
poteva mutare il loco
da oscuro a candido?

Quello s’aggirò tra i posti
di cener coverti
per poi accompagnarsi lentamente
a ragione:
mente creava imago
di bella o malvagia vista,
e allora andava pensato
il bello del verde.

L’uomo garantì per sé
erba e prati di rose.
Poi tutta quella massa
che spegneva i luoghi
svanì nel vuoto, impercepibile.
Nuovo reame, e quello stupito
senza osservare proseguì,
ché nulla era sorgente di belve.
E allora poco attento
cadde in vortice di petali
avvertì leggiero moto
e profumi di mille generi.
Davide Cerrato