Giovedì 31 maggio:
L’anima (I parte del seminario “Uomo e donna” ovvero “Il femminile nell’arte”)
Michele Bianchi
Gli immigrati nell’anima. Dall’estetica dello jus sanguinis alla metacritica dell’infanzia, ovvero il femminile nell’arte
Stefano Valente
Il manifesto per una filosofia dell’inter-cultura e gli esempi della pittura di icone e dell’arte cinematografica
venerdì 1 giugno:
Il labirinto (II parte del seminario “Uomo e donna” ovvero “Il femminile nell’arte”)
Michele Bianchi
Il labirinto dei demoni. Film quadro dramma in Luis Buñuel, Salvador Dalí, Ernesto G. Laura
Stefano Valente
Labirinto e salvezza. Alcune riflessioni sul film ‘Shining’ di Stanley Kubrick
dedica e cura: Il Seminario sul femminile nell’arte (“Uomo e donna. Dall’unione impossibile alla contingenza dell’incontro”) è dedicato ad Elvira Banotti e coordinato da Loredana Aloisi Banotti, Feliciano Banotti, Michele Bianchi e Carmelo Licitra Rosa.
Sinossi
Uno dei risultati tipici dell’arte eucaristica di Salvador Dalí nella fase cosiddetta “atomica” della sua produzione è rappresentato dal dipinto del 1949 Madonna di Port Lligat, dove l’assenza è giocata a vari livelli. Tra i diversi, l’esplosione del trono della Madre di Gesù è anche la confessione di un’intenzione di farla finita a tutti i livelli e che però lascia in sospeso il perdono possibile, e così la salvazione di tutti i fenomeni dell’umano. Tutto si sposta dalla parte del fruitore, e non resta fissato all’artista. Tutto si sbilancia dalla parte di chi osserva il dipinto, metafisicamente lasciato solo a decidere come prendere posizione di fronte all’opera: 1) Non può essere il trono della Madre di Dio: il pittore ha inteso rappresentare anticristicamente il disfacimento del trono, la sua disgregazione nella serie dei blocchi di granito; è l’antitrono. 2) È proprio il trono – l’unico possibile trono – della Madre di Dio, poiché il simbolo della carità (il corpo di Cristo) tiene uniti i pezzi della costruzione che si staccherebbero se non fossero uniti dall’amore. Così, la riuscita estetica di un’opera d’arte sta nel riuscire a tenere insieme luoghi e tempi radicalmente diversi, tra un antropomorfismo possibile e una dimensione femminile impossibile. Antinomia uomo/donna incarnata nell’opera. Il secondo giudizio non può essere espresso perchè in eccesso rispetto ai fatti quali appaiono: il trono della Madonna esplode in mille pezzi. Il pubblico non avrebbe che la possibilità di formulare il primo giudizio, se non fosse che l’opera riesce a convincerci di qualcosa d’altro, dell’impossibile rispetto ai fatti quali appaiono. Così non può essere espresso alcun giudizio. Questa esperienza di una possibilità, questo bivio che è la nostra possibilità, e che in quanto possibilità costituisce una tentazione, è già un male. L’opera ci offre allora l’occasione di superare la zona del possibile, proprio perché l’ha mostrata in modo puro, senza innesti ideologici, tipici delle opere d’arte non riuscite, tendenti a disambiguare la tensione tra i due giudizi per il piacere eccitatorio del pubblico. Del resto se non ci fosse tale zona, dove si fa l’esperienza della tentazione, nessuno potrebbe sfuggire alla gabbia dell’umano, ed essere di più di quello che è. Intrappolato vivrebbe la tortura di produrre enunciati e senso solo sulla condizione sovrumana, invece di tacere su di essa, come fanno le vere opere d’arte.
Michele Bianchi