LO STARSENE NELL’ANGOLO COME FONTE DEI TRAVAGLI

 

C’è una certezza ulteriore circa l’homo vivens et cogitans al di là di quella della morte in un dato tempo, ed essa è l’infelicità: l’uomo che sfrutta la forza della mente cogitante è sempre poco sereno perché non sa mai di cosa ha realmente bisogno.

E’ arduo che l’essere umano possa trovarsi in sintonia con il cosmo, e le complicanze aumentano se si considera che sono proprio gli esempi peggiori e i tragici eventi ad aver la meglio sulle meraviglie del globo.

Se l’uomo non raggiunge la piena assimilazione col bene del cosmo non è neanche in grado di affrontare le problematiche del reale: ne consegue un isolamento che lo porta persino ad evitare il pieno contatto con le folle.

Nasce allora un fenomeno molto particolare, che è quello dell’ “homo in angulo”.

Questa tragica conseguenza della mancata corrispondenza tra uomo e serenità del cosmo è spesso trascurata, ed è proprio questa negligenza a rendere alquanto prolifera la situazione in questione.

LO STARSENE NELL’ANGOLO COME FONTE DEI TRAVAGLI

E’ questa però una circostanza in cui si ritrovano principalmente gli adolescenti che, travolti dai primi malesseri del vivere, evitano il contatto e il dialogo, e trovano rifugio nell’ “angulus”. Il poeta latino Quinto Orazio Flacco nelle sue “Odi” citava un certo “angulus”, che era però in quel caso specifico un luogo solitario che stimolava la meditazione e la riflessione. Oggi il concetto di angolo è ben distorto, e ne si ha una piena degenerazione: l’ “angulus” in cui l’adolescente ritrova rifugio è una delle negatività principali di questo mondo, una delle principali fonti del travaglio interiore.

Il fenomeno dell’ “homo in angulo” porta l’essere umano a prediligere la solitudine, una sensazione ch’egli dovrebbe avvertire, perché come ritengo personalmente soli non si è mai se non si sceglie la solitudine, e lo conduce verso un malessere ulteriore, più intenso degli esempi crudeli ch’egli osserva quotidianamente.

Le forti delusioni sono quelle che alla medesima maniera conducono l’essere umano all’angolo, la vera sofferenza, perché se si è rannicchiati nell’ “angulus” non si sceglie più di agire per mutare le sorti della propria vita e dell’esistenza altrui. L’homo rifugiatosi nell’angolo perde a poco a poco il “vivere” e lascia che il “cogitare” si corrompa, abbandonandosi a sé e preferendo una finta quiete ad una turbolenta e più giusta lotta alla corruzione.

Da questo fenomeno deriva una conseguenza ancora più catastrofica, che è ormai comune nella società odierna: la necessità di costruire un proprio mondo, un universo parallelo in cui si possa provare  e manifestare serenità. L’esempio che Italo Svevo offre ne “La coscienza di Zeno” è significativo: l’essere umano soffre di una malattia di cui sembrano ignote le cause, o forse queste ultime risiedono tutte nella malignità dell’esistenza, e vorrebbe ricercare la quiete, il farmaco che possa guarirlo. Benché io abbia criticato la possibilità offerta dallo Svevo antiprogressista nella tragica profezia finale del romanzo citato, non posso che elogiare questo suo fervido interesse verso la psicologia umana e nei riguardi della malattia di cui l’umanità spesso soffre. Non tutti nascono con animi di roccia, ed anzi la fortificazione dello spirito è uno dei passi successivi dell’esistenza. L’animo dell’essere vivente che passa l’esistenza in un “angulus” va sgretolandosi senza che si abbia modo di rendersene conto.

I mondi paralleli che gli uomini vanno a costruirsi per la ricerca di una qualche forma di felicità sono quelli prettamente virtuali: ecco che passo ancora una volta all’analisi di uno degli effetti collaterali dei mezzi di comunicazione e dei social network.

Gli uomini che preferiscono l’angolo solitario al confronto con le masse hanno bisogno di mostrarsi più sereni del normale agli occhi altrui, ed è per questo che condividono in tempo reale gli istanti più memorabili della loro esistenza.

In questa maniera essi danno prova al prossimo di uno stato di felicità che è però fittizio in sé per sé, e avvertono un dolore ancor più forte di quello che li ha condizionati a compiere la scelta dell’ “angulus”.

Qualcuno poco realista che voglia però mascherare con l’ottimismo il mancato interesse verso la psiche umana avrà tanto da obiettare mediante una singola affermazione: il globo è tondo e non esistono angoli in cui ci si possa rifugiare, ergo l’ “angulus” è  soltanto un modo per dare più importanza all’uomo solo.

LO STARSENE NELL’ANGOLO COME FONTE DEI TRAVAGLI

Non ho mai detto però che l’ “angulus” possa rappresentare una fisicità e un luogo materiale. L’angolo nel mondo tondo è l’uomo a crearselo, proprio perché manca qualcosa che possa dirsi spigoloso in una sfera o in un geoide. E il finto sereno non può certo vivere nel timore che nella sfera non vi siano spigoli, e sarebbe pertanto capace anche di rinunciare ai propri beni materiali pur di trovare una qualche linea retta tra le curve.

Mi preme molto analizzare questa particolarissima circostanza, dacchè essa è alla base delle sofferenze umane, e se vi si ponesse un qualche occhio di riguardo certo si saprebbe in che maniera agire per la via del progresso.

Il mio “pessimismo della caverna” lascia ancora spazio ad una luce vista in lontananza: è una grossa complicanza raggiungerla se nell’antro ci sono più fosse che scale, ma non per questo l’uomo è incapace. Se l’uomo ha sviluppato l’intelletto e la forza fisica ed ha superato gli ostacoli delle fiamme e delle piene dei fiumi, può anche arrivare ad ingegnarsi per costruire delle scale che permettano di risalire i fossati

Fuor di metafora ciò sta a significare che l’uomo è capace di rinunciare ai mondi paralleli che costruisce per prediligere finalmente quello vero benché triste. La ricerca della serenità non trova piena soddisfazione nell’angolo freddo, solitario e spigoloso, ma nell’ottimismo di vincere i demoni del globo materiale pure a costo di una qualche lieve sofferenza.

E chi vorrà dire che l’ “angulus” sia preferibile perché, vinto dal pessimismo più cupo, non avrà fiducia nelle possibilità di miglioramento umane, allora avrà perso la sfida già in partenza senza neppure valutare quale sia la garanzia offertagli dalle carte che può giocare.

 

Davide Cerrato