Dal buio alla luce: simbolismi del solstizio d’inverno

Mentre l’anno volge al termine, ci avviciniamo al Solstizio d’Inverno, che quest’anno cade il 22 dicembre 2023 alle 04:27. Questo evento astronomico, segnando la notte più lunga e il giorno più breve dell’anno in termini di luce solare, ha sempre avuto un profondo significato esoterico.

Tuttavia, nell’apice dell’oscurità, si assiste a un’inversione di tendenza: la luce solare inizia la sua lenta riconquista del tempo, sottratto alle tenebre. Con la fine del solstizio invernale, i giorni successivi iniziano a dilatarsi, incrementando progressivamente la luminosità fino al solstizio estivo di giugno, segnando così l’inizio di un nuovo ciclo solare che riporta verso l’inverno.

Dal punto di vista astronomico, il Solstizio d’Inverno, termine derivante dal latino “solstitium” (sole fermo), si verifica quando l’asse terrestre si inclina al suo minimo rispetto al Sole. Questo fenomeno coincide con il 21 dicembre e segna un momento significativo nel percorso annuale del sole, che, muovendosi lungo un’ellisse, connette i punti cardinali in una sorta di croce all’interno di un cerchio. Questa configurazione celeste, con gli Equinozi che formano l’asse orizzontale e i Solstizi che determinano quello verticale, ha sempre affascinato le culture antiche, che vi leggevano profondi significati e celebravano con rituali esoterici il trascorrere del tempo e il cambio delle stagioni.

In particolare, nelle regioni germaniche e scandinave, il Natale e il Solstizio d’Inverno sono conosciuti con il nome antico di Yule o Jol. Benché l’origine di questi termini sia oggetto di dibattito, si concorda sul loro riferimento alla “ruota”, simbolo dell’incontro tra passato e presente, una soglia tra il vecchio e il nuovo. Queste culture, profondamente radicate nel loro passato, vedono nel passaggio dall’autunno all’inverno un momento carico di simboli esoterici che evocano temi di morte e rinascita. Cerimonie, riti e azioni durante questo periodo sono concepiti per favorire il ritorno della vita e contemporaneamente per scacciare le tenebre.

Il solstizio d’inverno porta con sé significati simbolici legati alla sua natura di notte più estesa dell’anno. Mentre il solstizio di dicembre rappresenta il trionfo dell’oscurità, con la notte che raggiunge la sua massima espansione, si apre anche al rinnovato ritorno della luce, con le giornate che gradualmente si allungano fino al solstizio estivo. Questa metafora di rinascita ha influenzato tradizioni e leggende di popoli antichi, con molte culture pagane e precristiane che identificavano in questo periodo la nascita di divinità o elementi centrali della loro mitologia.

Tradizioni specifiche, come quelle dell’antica Roma, celebravano la morte del Vecchio Sole e la nascita del Sole Bambino, con feste dedicate a Mithra e alla rinascita solare dal 21 al 25 dicembre. Analogamente, nei paesi germanici e scandinavi, si omaggiava Balder il Buono, una figura di spicco tra gli dei, e Freyr, dio della fecondità. Altre tradizioni del nord Europa celebravano la dea Sól e le feste druidiche dedicate al risveglio solare.

Estendendo lo sguardo a culture più meridionali, troviamo che nell’antico Egitto si festeggiava il dio Horus, mentre nell’antica Grecia si celebrava la nascita di Dioniso. Questi simbolismi legati alla notte più lunga erano già profondamente radicati prima che la conversione dei popoli nordici al Cristianesimo portasse alla stabilizzazione della data del Natale al 25 dicembre da parte di Papa Giulio I.

Il solstizio d’inverno assume un’ulteriore dimensione esoterica nelle opere di studiosi come René Guénon, che interpreta l’universo come una caverna cosmica, simbolo di un luogo oscuro propizio per l’interiorizzazione e la rinascita spirituale. Guénon associa i solstizi a due punti di accesso, con il Solstizio d’Inverno collegato alla “porta degli Dei” e quello estivo alla “porta degli uomini”, rappresentando un percorso iniziatico attraverso un viaggio simbolico nell’oltretomba.

Yule, la festa celtica della luce, è un elemento chiave del neopaganesimo, specialmente celebrato nei paesi nordici dove il solstizio invernale assume una risonanza particolare. Il rito tradizionale prevede una veglia dal tramonto all’alba per assicurare la rinascita del Sole dopo la lunga notte. Il vischio, pianta sacra del solstizio, è associato a leggende e credenze che lo vedono come simbolo di eternità e rinascita, spesso contrapposto al re della Quercia in un eterno ciclo di lotta e supremazia.

La celebrazione di Yule, così come altre feste pagane, si è adattata nel tempo ad una cornice cristiana, mantenendo tuttavia elementi simbolici come il rametto di vischio e l’albero di Natale, quest’ultimo un retaggio del passato che simboleggia la vita che resiste all’oscurità dell’inverno.

In epoche precristiane, l’albero di Yule veniva adornato con candele e offerte simboliche di rigenerazione, rappresentando un legame con le forze della natura e un richiamo alla necessità di vivere in armonia con l’universo per comprendere il mistero della rinascita.