SPIRIT: la critica dei Depeche Mode

Un disco “politico”: è questo che molti fan dei Depeche Mode hanno pensato di Spirit, l’ultimo album, pubblicato lo scorso 17 marzo. «Stavolta ci siamo guardati intorno – ha spiegato il chitarrista Martin Gore a La Repubblica – il titolo Spirit è un modo per chiederci dov’è lo spirito, l’anima, dove siamo finiti tutti».

L’intento del nuovo album è stato chiaro fin dal primo singolo che lo ha lanciato, ovvero Where’s the Revolution: Dave Gahan canta che le persone lo stanno deludendo, perché non manifestano abbastanza contro le ingiustizie che esistono nel mondo.

 

I Depeche Mode arriveranno presto in Italia con tre date a Milano, Bologna e Roma. Il 14 giugno hanno suonato all’Arena Stožice di Lubiana (Slovenia), e io ho avuto la fortuna di assistere a un concerto molto intenso, in cui Dave Gahan ha potuto dar dimostrazione di come ancora adesso, a 55 anni, la sua voce sia formidabile e le sue energie sul palco non si siano affievolite. Tra i tanti brani recenti, il gruppo ha entusiasmato il pubblico con canzoni storiche quali Everything Counts, Enjoy The Silence, Personal Jesus, Never Let Me Down Again, nonché con un’emozionante cover della celebre Heroes di David Bowie.

 

I Depeche Mode si sono formati nel 1980 nell’Essex e sono composti da Dave Gahan, Martin Gore e Andrew Fletcher; fino al 1995, con loro era presente anche il tastierista Alan Wilder. Hanno venduto oltre 100 milioni di dischi, facendo conoscere universalmente il genere synth pop che li contraddistingue.

Prima di Spirit, gli album pubblicati a partire dal 1981 sono ben tredici: Speak & Spell, che contiene la hit Just Can’t Get Enough; A Broken Frame (‘82), Construction Time Again (‘83), Some Great Reward (‘84), Black Celebration (‘86), Music for the Masses (‘87), Violator (‘90, considerato da molti l’opera di maggior stima), Songs of Faith and Devotion (‘93), Ultra (‘97), Exciter (2001), Playing the Angel (2005), Sounds of the Universe (2009), Delta Machine (2013).