LA SALVEZZA DALLA DISTRUZIONE: ITALO SVEVO FA UN PASSO AVANTI?

“Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e si arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e malattie”.

Italo Svevo


Questa è la celebre conclusione de “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo, intrisa di un forte pessimismo antiprogressista: per Svevo l’uomo non ha avuto modo di progredire come gli animali che hanno sviluppato sempre qualcosa di diverso o hanno fatto delle loro debolezze il punto forte, ma è ancora troppo indietro, avendo badato soltanto al potenziamento dell’intelletto per la grande prevalsa sull’altro.

E allora l’uomo, come Zeno Cosini, è malato: c’è chi sa di soffrire di una grande malattia che unifica l’animo al malessere del mondo e chi invece n’è del tutto ignaro. Chi è consapevole di essere un “malato immaginario”  e indaga le cause delle ferite dello spirito può anche provare ad addentrarsi nella ricerca della serenità interiore, ma nel contempo soffre e avverte dei dolori che difficilmente vanno via.

Però per Svevo il dolore è soprattutto rinascita, e conseguentemente rinascita è salute nel senso latino del termine, ossia salvezza. La Terra materiale in cui l’uomo vive è ancora piena di parassiti, mentre una Terra distrutta ed errante in forma di spirito o di nebulosa è un luogo completamente ripulito dal malessere.

L’uomo forse non si è mai chiesto se questa tragica affermazione rappresenti una grossa verità: è il pessimismo a dover riportare l’uomo alla riflessione e alla salute dell’animo?

Certo chi alberga nelle dimore costruite con negatività pare anche riflettere di più, e pare potersi associare ad un pensiero realista, ma effettivamente non sempre il realismo deve coincidere col pessimismo.

 

In un’era tecnologica invasa dai social network, dagli smartphones e dai computer tutto si svolge virtualmente, ed anche i rapporti sono meno vivi dell’era passata, quella in cui invece il dialogo fioriva come in una variopinta primavera; il pensatore realista è portato ad un potente criticismo nei riguardi della negatività dei nuovi mezzi di comunicazione, considerati appunto gli effetti collaterali che sembrano prevalere maggiormente sui vantaggi forniti. Ne consegue chiaramente un pessimismo incombente: se il mondo sarà dominato dalla tecnologia, non ne sarà forse schiavo? E l’uomo non sarà forse sostituito dalla mano e dalla mente virtuale?

Siamo allora nelle dimore del pessimismo realistico, un pessimismo che certamente inquadra e descrive con note fredde la realtà che circonda l’homo vivens et cogitans. Il pensatore che si definisce “pessimista realistico” è anche fautore di catastrofiche profezie: una di queste è quella che riguarda la sottomissione alle macchine e alla tecnologia, e certamente questa schiavitù porta il mondo ad una disintegrazione.

Se l’uomo è capace di creare una mente virtuale più potente della propria e ne viene persino soggiogato e manipolato, allora il mondo è proprio in procinto di conoscere la totale dissoluzione: quello dell’uomo potrebbe essere notificato come un memorabile fallimento, e tutto sarebbe in mano alle macchine che egli stesso ha programmato magari in malo modo.

Mark Kostabi- Sexting – 2009

Se si considera questa tragica profezia, che si avvicina molto a quella del tremendo ordigno creato dall’uomo di cui parla Zeno Cosini, come fa il mondo in seguito alla distruzione a dirsi del tutto purificato? Sarebbe sì purificato dall’essere umano e dalle sue fatali e tremende idee, ma cosa garantirebbe che le macchine possano agire meglio dell’homo vivens et cogitans?

La domanda che chi riflette porrebbe allo Svevo antiprogressista è: come si arriva alla piena salvezza partendo dalla disintegrazione del triste passato? Non rimarrà anche nel prossimo futuro un frammento di catastrofe e un frammento di atroce umanità che le macchine immagazzineranno nei loro database?

E ancora, se le macchine fossero create dagli uomini secondo le loro volizioni, non sarebbero esse stesse in grado di rammentare come gli uomini le hanno programmate e con quali idee le hanno rese anime vive?

E allora forse Italo Svevo fa dire a Zeno Cosini una qualche cosa fin troppo opinabile e discutibile. La salute può derivare soltanto dalla salute, e se quello di Svevo può essere un pessimismo che vede un barlume di speranza e una luce nell’oscura caverna proprio nella possibile salvezza di quanto di materiale s’è rivelato atroce, io vedo realizzabile il progresso soltanto da un progresso ulteriore, benché minimo.

Se l’uomo non progredisce nella sua forma mentis e giunge a votare il proprio animo a quanto di più meschino esiste sulla Terra, non potrà successivamente derivarne salute, ma soltanto un rimando alla catastrofe anche nei secoli futuri. Se ci sarà una rivalsa dell’uomo-macchina sull’uomo fatto di corpo e sangue, certo quest’ultimo avrà tramandato il suo pensiero nella programmazione dell’uomo futuro, cosa che accennavo già poche righe prima. E allora la catastrofe verrà ancora e sarà ciclica, e anche al nostro possibile ritorno tutto sarà già votato alla distruzione, e sarà difficile trovare il rimedio che faccia al caso della salvezza sperata.

L’uomo deve darsi da fare per raggiungere un progresso di pensiero senza eguali: dovranno placarsi gli omicidi insulsi, dovrà essere eliminata ogni cosa che possa costituire un’arma di vendetta, si dovrà condurre una feroce lotta alla corruzione politica, si dovrà combattere la violenza con il pacifico compromesso, e solo allora la salute sarà dell’uomo, di sangue o di circuiti, perché se presto verrà eliminata ogni causa di dissoluzione nessuno potrà ricordarsi di quella o del male compiuto per replicarlo.

E questo è a parer mio un cammino arduo, ma non impossibile: non sono un pessimista antiprogressista, né un pessimista cosmico come il Leopardi. Piuttosto amo definire la mia linea di pensiero come “pessimismo della caverna”. Il pessimismo dell’uomo che vive nell’oscurità di un antro è sempre destinato a trasformarsi in una qualche forma di ottimismo, perché la luce sarà sempre raggiungibile.

Davide Cerrato