La discesa agli inferi di Ishtar.

Ishtar – British Museum

 

Per raccontarvi questa storia dobbiamo tornare indietro di 4000 anni (qualcuno dice siano di più), arrivare fino a Sumer, nella Mesopotamia del sud (oggi corrisponderebbe all’Iraq) e immaginare un amore così forte da sfidare persino la morte.

Protagonisti sono due dei, Isthar, figlia della Luna, Regina del Cielo, dea dell’Amore e madre della vita in tutte le sue forme.

Tammuz, suo marito e amante, dio della vegetazione che in perfetta armonia col ciclo delle cose, ogni anno nasce e muore.

La discesa agli inferi di Ishtar, è uno dei primi frammenti degli insegnamenti antichi intrisi di mistero.

La storia è stata trovata nella biblioteca di Ashurbanipal a Ninive, scoperta a metà del XIX secolo incisa su tavolette di argilla che ora sono conservate a Londra presso il British Museum.

Copia della tavoletta della discesa agli Inferi di Ishtar , attualmente in possesso del British Museum di Londra

La vicenda è piena di richiami simbolici ed è presente in altre culture cambiando il nome dei protagonisti, pensiamo ad esempio a Iside e Osiride.

Secondo la tradizione, Ishtar discende agli inferi per trovare e riportare indietro il suo amante Tammuz che lì è imprigionato.

Ishtar nel suo viaggio attraversa sette porte per salvarlo. Ad ogni soglia si spoglia di un ornamento fino a rimanere completamente nuda alla settima porta e superata la quale può finalmente ricongiungersi al suo Tammuz.

Tra le varie reinterpretazioni esistenti, ci ha particolarmente colpito quella della studiosa Erika Hahn che riportiamo di seguito invitandovi comunque a cercare anche le altre per poter avere un quadro più completo della storia e poter scegliere secondo la vostra sensibilità.

Testo di Erika Hahn

Al raggiungimento della prima porta, Ishtar, la regina del cielo, consegnò al custode la sua corona. Lui la ringraziò e chiese: “Qual è il peccato più grande?” Senza esitazione la dea sorridente rispose: “L’Ignoranza!” Aggiungendo: “Perché è un peso pesante, più nero della notte più nera”.

Rappresentazione degli emblemi di Ishtar (Venere), Sin (Luna) e Shamash (Sole) su una pietra di Meli-Shipak II (XII secolo aC).

Immediatamente il cancello si spalancò, per rivelare un percorso stretto che scendeva diritto come una freccia sotto di lei. Ishtar proseguì rapidamente, desiderosa di trovare il suo amante e presto arrivò alla seconda porta. Dopo aver ricevuto i suoi orecchini in pagamento, il Custode le ha chiesto la natura del suo incarico. «Prenditi tempo», disse, mentre stava per parlare. Sorrise al custode; Un sorriso colmo di gratitudine e gentilezza. “Ho pensato poco, senza il mio amante, Io non  esisto. La sapienza dell’amore è la natura del mio compito”.

Il Custode si chinò a Ishtar, e la Seconda Porta si aprì davanti a lei. La strada le era davanti, chiara e brillante come i suoi occhi, e con gioia si affrettò. Ma mentre si avvicinava alla Terza Porta, il cielo cominciò a scurirsi e la Notte cadde improvvisamente, mantenendo tutto nel suo nero mantello; strada e cancello furono resi invisibili. I passi di Ishtar si fecero pesanti dalla stanchezza, si fermò e la disperazione le afferrò il cuore. La necessità di trovare il suo amante e una grande voglia di liberarlo e di ricongiungersi a lui sorsero in lei.

Immagine di Ištar nuda incisa su un vaso rinvenuto a Larsa – Museo del Louvre

La disperazione e l’esitazione si allontanarono e riprese il viaggio. Non aveva percorso molti passi quando, con sua gioia e stupore, una stella apparve nell’oscurità che la avvolse, poi un’altra e un’altra, finché non fu circondata da ogni parte da innumerevoli sfere di luce, meravigliandosi del loro splendore e bellezza. Ora poteva vedere chiaramente la strada, e lì, vicinissimo, sorgeva la Terza Porta. Ishtar consegnò con gioia la sua collana al Custode, che chiese: “Che cos’è la notte?” Senza esitazione rispose: “L’abito della Luce“. Chinandosi, la spinse attraverso la porta aperta.

La strada per la quarta Porta era breve e ripida e molto presto si ritrovò davanti al suo custode. Con ansia si tolse gli ornamenti del seno e gli diede a lui. Sorrise e chiese: “Che cosa è la Luce?” Rimase in piedi e il Guardiano, guardandola attentamente, pensò di vedere una nuvola d’oro raccolta intorno alla testa della Dea, piena di scintille di tutti i colori dell’arcobaleno. “La luce è il pensiero di Dio“, ha risposto e ha proseguito per la sua strada. Il Custode fissò il punto in cui Ishtar era stata, perduto nella contemplazione.

Isthtar e Tammuz

La strada ormai scendeva ripida, piena di curve come il corpo sinuoso di un serpente; scivoloso e irregolare. Ishtar sospirò, pensando al modo più semplice di attraversarla e anche se era stanca, proseguiva con un cuore fiducioso e senza dubbi nella mente. Finalmente conobbe la quinta Porta, ma per raggiungerla doveva attraversare una scarpata rocciosa, tagliente e piena di precipizi. Spesso perse il punto di appoggio e scivolò indietro, ma mai una volta la sua risoluzione si afflisse, né il suo coraggio venne meno. Finalmente raggiunse la Porta, il suo vestito pregiato era sporco e strappato, il corpo graffiato e stanco, ma una grande pace regnava nel suo cuore. Bussa al Cancello e togliendosi la cintura, costellata di gemme, la diede al Custode. Subito la sua stanchezza svanì e aspettò  la sua domanda. “Chi sei tu?” chiese con voce squillante. “Sono un’ riflesso del pensiero di Dio“, rispose Ishtar. “Io sono la notte che cerca la luce e  sono luce che cerca una Luce più grande“.

Non appena ebbe pronunciato tali parole,  il cancello si spalancò. La strada le si presentò liscia, larga e dritta e in breve tempo arrivò alla sesta Porta. Là ha consegnato il resto dei suoi gioielli, i braccialetti delle mani e dei piedi, al Custode mantenendo solo il suo panno di lino. Il Custode guardava Ishtar con riverenza. “Cos’è la vita?” chiese. La sua risposta non fu altro che un sussurro: “Il respiro di Dio“. Mentre parlava, le sue parole sembravano prendere forma, si muovevano seguendo un ritmo divino. Una danza celestiale di armonia e gioia, e strani suoni e profumi riempivano l’aria, impossibile da descrivere.

E così Ishtar passò alla settima e ultima Porta. Mentre si avvicinava, cominciò a tremare, ricordando il tempo passato, pensando al momento presente e a quello che sarebbe venuto. . . Silenziosamente lasciò scivolare il panno di lino e lì, dove cadde, apparve il suo Amato,  luminoso come il sole del mattino. Tra loro si estendeva un ponte di Luce, pura essenza dell’Avvento Divino, simile a un respiro ardente, un santo sigillo del Dio interiore. Al centro di quel ponte d’oro gli Amanti si incontrarono abbracciandosi. Il ponte è diventato un cerchio e nel profondo della sua circonferenza illimitata, nel suo cuore, gli amanti si fondono e la ricerca di Ishtar è compiuta.

Per chi volesse consultare la traduzione letterale, clicchi sotto

Discesa agli inferi di Ishtar