Jaya Suberg: della Luna mutante.

 

Jaya Suberg work
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Jaya Suberg nasce nel 1956 ad Hagen città della Renania settentrionale in Germania.

Tappa fondamentale nel suo percorso artistico è stato il trasferimento A Berlino nel 1980. La città con tutte le sue contraddizioni, con il fermento di quegli anni ancora divisi dal Muro, con la lotta sociale, la sperimentazione musicale, è stata per la Suberg fonte di ispirazione.

Così ha cominciato, con una fotocamera in giro per la città a immortalare individui, soprattutto donne, ha cercato malati, emarginati, li sentiva più vicini.

La foto però non bastava a comunicare il suo pensiero, la sua visione delle cose, ha cominciato così a modificarle con collage e photoshop fino ad arrivare ai risultati che conosciamo.

Jaya Suberg work

I personaggi della Suberg parlano di un ricordo che appartiene al corpo,  si può parlare quasi di una lucidità onirica.

La sua funzione è quella di un rito che attraverso l’opera e la sua osservazione ci libera dall’idea di un destino immutabile.

Porta nell’opera il sogno, l’ossessione, la paura come in una tragedia greca al fine di produrre una catarsi. Imbratto la tela, la carta, modifico l’immagine per rendere il corpo libero del passato e del futuro imprigionando nell’opera la prevedibilità, la circolarità di un tempo che ci vuole prigionieri.

La paura, l’eccitazione trovano una forma, una rappresentazione lasciando libere le emozioni di circolare.

Jaya Suberg work
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Penso alla Suberg e nella testa mi risuona la nona sinfonia di Beethoven, terribile e meravigliosa come una dea madre, come Kalì che ti mostra la lingua per scherno e per spavento, le sue molteplici braccia ti proteggono e ti attaccano. E’ la dualità non dell’individuo che è uno nell’Uno a cui appartiene, ma della scelta.

E’ come se alla continua ricerca di casa, di un posto da abitare, Jaya offrisse un contenitore dove posare le paure per scorrere libere o metterci noi stessi dentro a riposare. Quel contenitore è lo spazio dell’immaginazione.

Jaya Suberg work
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Abbiamo così la possibilità di liberare l’istinto normalmente chiuso in una forma, quella dell’identità, e dare una chance alla vita di irrompere attraverso le infinite occasioni che ci caratterizzano. Cominciamo allora a vederci e ciò che vediamo è lo sguardo che l’altro ha proiettato su di noi. Ciò che siamo è una maschera di volta in volta differente. Non ci riconosciamo più. L’io finalmente si sgretola. La vita e le sue infinite verità possono cominciare.

Per approfondire:

Sito: http://www.jayasu-berlin.de/

pagina fb: https://www.facebook.com/JayaSuberg/

 

Lucia Lo Cascio

Jaya Suberg work
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